Sboccia il giorno … appassisce la notte

 

Mai venga il mattino… eppure come un fiore che sboccia …  il giorno nasce piano piano allontando la notte: si sta ora appropriando del palcoscenico.
Il giorno é geloso dello spazio che chiasso letteraria ha dedicato alla notte.

Durante il viaggio notturno sono volata in un mondo costellato da personaggi che mi hanno dato la chiave per percorrere strade e spazi temporali lontani l’uno dall’altro.
Lo sbattere impalabile delle mie ali ha raggiunto il pensiero di Kafka: scrivere in fondo significa aprirsi a dismisura … é per questo che quando si scrive non si é mai abbastanza soli, quando si scrive non si ha mai abbastanza silenzio intorno, la notte é ancora tropo poco notte …
Volando in solitaria nella notte sono stata illuminata da colori ed immagini: ho visto una figura nera cosparsa di stelle luminose che saliva su un carro trainato da quattro cavalli … una folata di vento mi  ha poi risucchiata in un vortice che mi ha trasportata nelle notti Shakespeariane in cui ho assistito a intrecci amorosi … come dichiara Freud nelle tenebre si possono esibire pulsioni e desideri proibiti repressi.
Testimonianza ne è stata il racconto di Schnitzler: la notte come scenario della tentazione di infrangere il voto del matrimonio …
Non mi sono posata in questa dimensione notturna a lungonon volevo spiare situazioni scabrose così ho continuato il mio viaggio.
Ho volato in mondi ottenebrati da notti così diverse l’una dall’altra eppure il cielo era sempre lo stesso.
Ho scrutato scrivani che di notte in solitudine sono chini sui loro figli ad imprimere i più sconfinati pensieri, unico modo per raggiungere e toccare una realtà che solo un ambiente intimo può far emergere.
Perché parlare può essere un ostacolo:  perché non capiti,
perché non ascoltati,
perché la lingua ha un limite …
Invece un foglio può rappresentare un’ancora di salvezza,
la notte la luce dell’illuminazione,
la penna la chiave per aprire varchi nascosti …
Il fascio di luce delle stelle mi ha condotto a Barcellona: l’ho vista travestita di una sottoveste nera in cui si aggiravano un regista di teatro catalano Calixto Bieito ed uno scrittore francese: Michel Houellebecq.
Ero esausta … mi sono così abbandonata sulla spalla di Michel Houellebecq.
Riuscivo a scorgere gli occhi vigili e svegli del regista che con eleganza e gentilezza tentava di comunicare con lo scrittore.
Mi chiedevo come uno scrittore che regala al pubblico così tante parole sulla carta stampata … al momento di parlare si zittisse e si limitasse a fumare …
Mi voltavo verso di lui e scorgevo i suoi occhi tristi: potevo leggere la tristezza del mondo.
Per la maggior parte del tempo era silenzioso … eppure nella sua testa qualcosa doveva frullarli … all’atto dell’esprimersi prediligeva versarsi un buon bicchiere di vino oppure cercarsi una sigaretta quasi fosse linfa vitale …
L’unica cosa che con schiettezza e determinazione ha dichiarato è il fatto che lui è certo di due cose:
una è quella che è un bravo scrittore, se non il  migliore!
La seconda: che un giorno morirà.
E pensare che pochi minuti prima in automobile avevano appena finito di parlare dell’Ego … il problema dei nostri tempi è che l’ego ha raggiunto livelli ineccepibili … parole sante.
Come un eco l’ego mi rimbalzava nelle mie orecchie così sensibili a certi concetti.
Cercavo di non farmi assordare dall’eco dell’ego e decisi di rimanere sulla spalla di Michel: fino a raggiungere  l’inaugurazione di una mostra che per l’occasione era aperta al pubblico fino a tarda ora … ma la folla di gente mi disturbava perché affaccendata a bere e a parlare ad alta voce …

 

Desideravo qualcosa di più tranquillo e mi feci guidare dalla voce di un oratore che sentivo in lontananza … venni attirata come miele per le api facendo capolino in una tipografia in cui un giovane ragazzo governava la stanza dall’alto di un soppalco: Marko Miladinovic.
Le sue parole volano nell’aria e quasi mi scontravo con loro talmente scorrevano a fiumi come ruscelli abbondanti di termini e concetti che non possono essere incanalati bensì devono vibrarsi nell’aria liberi ..
Questa corrente inarrestabile di termini indecifrabili ma amabili mi spinse confusa ma gioiosa sul palmo della mano di Maurizio Maggiani.
In quel momento l’eco dell’ego si arrestò.
Ho sentito parole umili di un uomo che di notte dorme … quindi mi rilassai e mi lasciai cullare dal suo dire: ogni uomo è principe.
Ognuno di noi ha una propria storia che se non raccontata rischia di essere dimenticata se non addirittura mai conosciuta.
Quante persone muoiono all’oscuro da tutti e tutto.
Eppure basterebbe dare voce a quell’individuo: come per un tocco di una bacchetta magica quella persona assumerebbe forma e colore agli occhi degli altri.
Estasiata e tranquillizzata dal fatto che uno scrittore come Maurizio Maggiani riconosce che ognuno di noi è un principe decisi di abbandonare il suo palmo per vibrare nell’aria e cercare riparo in un luogo dove trovare quegli individui senza forma ne colore …

 

Sentivo che la notte stava per appassire e le mie ali si erano quasi esaurite della polverina che si era dispersa in volo.
Le ali sono ora immobili ed il giorno sta per sbocciare.
Per fortuna mi sono accucciata in un luogo scuro ove posso riposare e magari incontrare volti sconosciuti ma non privi di storia.
Attendo tranquilla lo sbocciare del giorno e l’appassire della notte.
Mai venga il mattino! Mi dico… cosa farò alla luce del sole?
Che ne sarà degli attraversamenti notturni?
Perché tutto deve finire?
Ma poi penso: se il giorno non esistesse anche la notte non farebbe parte di questo grande disegno … allora mi convinco che questo è solo l’inizio …
Buona notte a tutti voi, principi e principesse.
Buona notte alla settima edizione!
Perché prima o poi il BUON giorno arriverà …

 

 

 

 

 

4 maggio: il gioco della notte

La notte trasforma luoghi e persone: é avvenuto anche ieri sera.
Ero entusiasta di trascorrere la serata sotto il cielo di Chiasso per assistere agli attraversamenti notturni previsti ad un orario ben definito.

Arrivo largamente in anticipo e scorgo una folla di gente fuori dal teatro.
Vago nelle vicinanze per scoprire se avessero già preparato le installazioni per le recite.
Invece al di fuori della folla ben circoscritta non c’é nessuno se non poca gente sparpagliata.
Ma é ancora presto: la notte si sta svegliando.
Decido così di incamminarmi nelle strade di Chiasso che ospita pochi individui.
Finalmente scocca l’ora attesa e ritorno al punto prestabilito.
Non ci credo, sono sola nell’oscurità.
Vedo alcune persone camminare ma nessun segnale mi suggerisce che lo spettacolo stia per svolgersi.
Mi dico: magari se seguo qualcuno … però la poca gente che vedo si muove disordinatamente.
Scorgo due persone che chiacchierano davanti allo Spazio Officina.
Chiedo loro dello spettacolo e scopro che è stato anticipato di un’ora.
Mi sento disorientata ma ho ancora speranza … domando dove si trova il club deux nuites … mi danno indicazioni approssimative … devo andare all’ex Manor e il club é all’interno di un piccolo spazio che un tempo ospitava un negozio. Leggi il resto dell’articolo

Parodia di un paroliere

Indubbiamente la mia

mente non

mente

Difficilmente

potevo seguire le acrobazie e le

pazzie

del giovane paroliere Miladinovic Marko

sembrava avesse un arco

da cui partivano frecce di lettere

…e non voleva

smettere!

Che stupore!

Un oratore! 

Ero prigioniera nella rete delle sue parole… Leggi il resto dell’articolo

Meravigliosa notte

Luna

occhio di Polifemo

Stelle

plancton del cielo

Nuvole

barche fantasme

Ombre

figue discrete

La notte

meraviglioso mondo

Che lo spettacolo abbia inizio!

Svolazzando questa notte mi sono posata su di un personaggio stravagante:
camminava indossando una grande maschera da clown ma nessuno notava il suo volto nascosto.
Si divertiva molto…
giocava con tutti e nessuno l’osservava in modo strano.
Erano affascinati dall’allegria che sprigionava.
Questa voragine di emozioni lo attirava come il polline per le api.
Lui si alimentava di sorrisi, di strette di mano e di abbracci con persone mai incontrate prima.
Giunto a casa si tolse la maschera da pagliaccio e scoprì che il suo vero volto era completamente rigato dalle lacrime.
Ripensò agli sguardi incrociati e nello specchio si riflesse un sorriso incoronato da occhi tristi.
All’istante si rese conto che tutto ciò che aveva vissuto era dovuto ad un viso che non era il suo.
Appoggiò con cura la gigantesca maschera sul comodino,
si coricò
e chiuse gli occhi.
Ma il sonno era distante
come tutte quelle persone che prima gli erano vicine.
Continuava a rigirarsi nel letto. Leggi il resto dell’articolo

FreddaMENTE

É accaduto di nuovo…
le ali della mia mente hanno preso il volo…

Mi sono ritrovata in un luogo dove le persone erano uniformate.
Pensai di essere atterrata in un mondo composto da persone uscite da una catena di montaggio.
In questa città percepivo freddo anche se le strade non erano innevate e la temperatura ambiente non suggeriva la stagione invernale.

Le donne erano acconciate e vestite allo stesso modo, il colore dei loro occhi erano di un blu trasparente… sembrava fossero innacquati dal mare.
Se mi specchiavo nei loro occhi sprofondavo in lugubri fondali neri.
Mi sentivo raggelare.
Il tempo di uno sguardo era sufficiente per farmi precipitare in un abisso senza fine.
La loro folta chioma bionda era trattenuta da un nastro che imprigionava forzatamente i capelli facendo scoprire una fronte alta.
Le loro bocche erano serrate e se si aprivano per abbozzare un sorriso rivelavano denti bianchissimi ma artificiosi.
Gli uomini avevano tutti la stessa andatura: camminavano freneticamente e le braccia parevano seguire il ritmo di un metronomo.
I loro sguardi inespressivi non lasciavano trasparire alcuna emozione.
Li sbirciavo mentre si aggiustavano la cravatta o quando si specchiavano nelle vetrine per sistemarsi i loro capelli.
I bambini non ridevano, camminavano a fianco delle madri come dei soldatini ben educati senza tenersi per mano.
Tra di loro vi era una distanza di sicurezza almeno di mezzo metro.
Sembravano dei giovani adulti, erano agghindati come se dovessero andare al lavoro: li vedevo mentre armeggiavano con il cellulare e se incontravano dei piccioni non li rincorrevano per indispettirli ma semplicemente attendevano che se ne andassero. Erano scocciati dalla loro presenza.
Le coppie si limitavano a percorrere la stessa via ma su due binari differenti.
Sembrava fosse vietato qualsiasi tipo di avvicinamento.
Tutti erano così distanti tra di loro non solo fisicamente, soprattutto umanamente. Leggi il resto dell’articolo

Svegliarsi in un sogno

Questa notte ho fatto un sogno. ..
Mi trovavo in un bosco ed ero accoccolata tra le braccia di un albero.
La luce filtrava intensamente tra tutte le ramificazioni.
Godevo della luce del sole anche se nella realtà era notte.
Sentivo il bisbiglìo del vento, le foglie danzavano al suo ritmo e il cantico degli uccellini animava la musica del bosco.
Ero pacifica.
Non c’era nessuno.
Ad un tratto però la pace venne interrotta da un fruscìo proveniente da dietro di me.
Percepivo un rumore di passi che lentamente si avvicinava.
Pensavo si trattasse di un escursionista: un altro sognatore incappato nel mio sogno, oppure ero io che avevo invaso il suo.
Non mi voltai.
Speravo se ne andasse al più presto perché desideravo mantenere questa beata solitudine.
Attendevo tra le braccia dell’albero che l’anonima presenza svanisse.
Sembravo una statua di cera.
Ero immobile.
La mia schiena appoggiata al tronco e il viso rivolto al sole, quasi a pregare che nessuno destabilizzasse la mia quiete.
Non volevo quella presenza.
Il rumore diventava fastidioso: perché temporeggiava quest’uomo?
Cosa stava cercando?
Non era stagione di funghi.. anche se nell’immaginario tutto é possibile.
Ma non sembrava uno di quei sogni surreali; il bosco non presentava alcun aspetto fantastico se non quello di essere bosco e basta.
Gli alberi erano verdi e non si chinavano al mio passaggio,
non vedevo volare strane creature,
i fiori non parlavano tra di loro,
i sentieri non strisciavano come serpenti.
Decisi di interrompere il mio dialogo con il sole e voltai lo sguardo verso l’origine del brusio…
ecco che la presenza ignota apparve ai miei occhi: un camoscio.
Avanzava lentamente.
Lo seguivo con lo sguardo ma si nascondeva dietro agli alberi.
Ero sollevata che non fosse un essere umano ad interrompere la mia pace.
Mi alzai per seguirlo.
Quando si accorse della mia presenza cercò una via di fuga in alto, verso la cresta.
Poi si fermò e rimane fisso a fissarmi.
Restammo pochi secondi a guardarci.
Nel sogno sembrava un’eternità.
Capii di essere io l’intrusa.
Allora lo salutai osservandolo ancora un istante per poi vederlo pacatamente scomparire dietro la cresta.
Decisi di lasciare il sogno al camoscio e di svegliarmi.

Aprii gli occhi e invece che del calore del sole ero scaldata dal mio piumone.
Il cantico degli uccellini venne sostituito dal sottofondo musicale della radio.
Il sole che filtrava dai rami filtrava ora a scacchiera dalle tapparelle della camera.
Rimasi distesa sul letto ripensando all’incontro notturno.
Abbracciai il cuscino come volessi riappropriarmi del sogno ma invece del soffice guanciale percepii una superficie fredda.
Mi ritrovai tra le mani una fotografia: un camoscio mi fissava.

Allora non capii più quale fosse stato il sogno…
l’esperienza del bosco o il risveglio nella mia stanza?

Pensieri con un’anima

La mente da falena non deve intimorire.
Le sue ali possono sconfinare e sconfiggere ogni barriera.

Mi permetto di aprire una parentesi per definire questa creatura notturna.
Esiste una specie di falena che é stata soprannominata “La sfinge testa di morto.
Quest’espressione non induce quindi ad immaginare che una testa da falena crei pensieri positivi… ma non bisogna soffermarsi davanti alle apparenze; desidero stravolgere questa tesi.
Questo macabro termine deriva dal fatto che sul dorso di questa farfalla notturna vi é tatuata una macchia biancastra con due puntini neri creando l’immagine di un teschio.
Anche la nomenclatura scientifica sembra accanirsi contro la Falena: Acherontia atropos.
Andando a fondo del termine si scopre che Acherontia si riferisce all’Acheronte: uno dei fiumi infernali che secondo la mitologia greca bisogna attraversare per raggiungere il regno dei morti.
La definizione di Atropos alimenta un ulteriore connotato negativo a questo docile e leggiadro essere.
Atropos deriva dal nome di una delle tre figlie di Zeus e Temi a cui era stato conferito il compito di recidere il filo della vita.
Ma non solo colui che ha battezzato la falena in questo modo ha voluto arrecare danno alla sua immagine…dico io.
Pittori, scrittori, registi e anche poeti hanno voluto rendere omaggio alla sua malvagità. Leggi il resto dell’articolo

Notte da falena…

Mi ritrovo ogni notte a percorrere distanze che un uomo diurno nemmeno s’immagina.
Amo la notte perché nell’oscurità non vedo il buio ma sento, vedo, tocco e recepisco ogni cosa in modo più profondo.
Sono attratta anche dalla luce artificiale che come un cantico delle sirene mi attrae a sé… ma con lo sbattere forte delle mie ali riesco a liberarmi per vagare ancora e ancora…
La pace delle tenebre é solo una leggenda: nel buio si possono vivere mille vite…si può morire e rinascere.
Grazie ai miei viaggi sono proiettata in un’altra dimensione.
Il mantello scuro della notte é un riparo avvolgente che mi permette di affrontare qualsiasi percorso tortuoso.
Nelle stelle vedo fori di veduta e nella luna l’occhio di Polifemo che mi’illumina la strada.
Al crepuscolo si conclude un capitolo che i lettori più sbadati ed ignoranti nemmeno immaginano si sia mai aperto.
Il mattino é come l’aglio per il vampiro: ne sono allergica perché il frastuono della gente non mi permette di pensare lucidamente.
Preferisco la notte: perché la notte é composta da note musicali che pochi eletti possono ascoltare…come lo sbattere impalpabile delle mie ali.

La bassa marea mi spinge nell’abisso..

Ho sentito che a chiasso c’è la bassa marea.
Il mare si è ritirato ed ora non rimane che l’asfalto e il correre frenetico di voi esseri  muniti di gambe.

Non è stato difficile per me durante il festival immaginarmi per mare perché come Ibrahim Al-Koni dichiarava riferendosi al deserto… il mare non devo abitarlo per sentirlo mio ma lui risiede in me.

Nonostante questa grande verità sento che non posso rimanere tra di voi. Non posso sopportare il frastuono che provocate ogni giorno.
Ora nuoterò negli abissi per ritrovare la pace che difficilmente sono riuscita ad assaporare sulla terra.

Durante il festival ho potuto respirare aria di mare, ho potuto sfogliare l’album fotografico dei fondali che mi appartengono ma ora vi è la bassa marea… e tutto quanto si è dissipato.

Conserverò in me il ricordo del vostro mondo, il ricordo delle parole profonde che solo alcuni uomini possono esprimere. O forse tutti voi potreste ma per paura o per il troppo fare e non essere vi limitate a ripetere gesti e sguardi.

Devo andare.. il manto della notte si sta appropriando del cielo e non voglio che l’oscurità annebbi le onde, che ballerine festeggiano il mio ritorno.

Vinicio Capossela: gli abissi non mentono…

Io vispa sirena ieri sera sono riemersa dal mio abisso per divertirmi a giocherellare con la notte distante dal mare.

Notte che sembra cambiare voi uomini, vi comportate in modo diverso.

La mia pinna mi ha impedito l’accesso al Teatro di Chiasso per ascoltare un signore chiamato Vinicio Capossela ma non è stato un problema: grazie all’udito ben sviluppato il suo canto è giunto fino a me.

La sua voce è prevalsa su tutte, cantava di sirene…e quest’uomo me lo immagino con delle branchie al posto dei polmoni.

Il suo canto ha sovrastato le risate e i tanti bla bla delle persone al bar.

È divertente vedere come voi gioite ad abbeverarvi non con sbuffi d’acqua bensì con del malto schiumoso, forse pensate che in questo modo il vostro mondo terreno si abbelisca di colori che altrimenti non vedreste. Vi ho visti godere con tutti i vostri sensi della notte come se l’alba non arrivasse mai.

  come dice il testo Pryntyl di Vinicio Capossela:

…sulla terra tutto si consuma
l’amore all’alba si trasforma in schiuma
Ma nell’abisso è tutto uno spasso
puoi sempre incontrare un pesce pagliaccio….

La gente affollata al bar voleva distrarmi dal canto di Capossela ma quando ho sentito che parlava di sirene, è stato come se il richiamo del mare avesse annullato tutta la gente intorno a me.
Le loro bocche si muovevano e ne uscivano solo bolle d’aria, che si disperdevano e galleggiavano nello spazio… per  poi morire in uno scoppio silenzioso.

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Mayday Mayday! Uomo in terra…

Mi stavo recando verso la riva perché esausta dalla giornata tra gli uomini, quando incappai in una barca arenata in mezzo ad un prato. Ho cercato se ci fosse un marinaio nei paraggi, o qualcuno dall’apparente aspetto disorientato.

Poi mi sono resa conto che tutti potrebbero essere proprietari di questa barca.

Da quando la mia pinna non è più a mollo nell’acqua mi si è presentato d’innanzi un palcoscenico di persone alla ricerca, alla perenne ricerca di qualcosa:
ho visto persone riconcorrere altre persone,
ho visto uomini alla ricerca d’affermazione e riconoscimento,
ho visto donne pavoneggiare.. e quindi mi è difficile individuare il proprietario di questa barca.

Forse qualcuno che navigando nella sua esistenza si è perso… cercava il mare ma ha imboccato la direzione errata che l’ha costretto a fermarsi ed abbandonare la barca.

Fermarsi fa paura perché fa riflettere. Leggi il resto dell’articolo

Biodiversità

Mi sto indebolendo,

la mia pinna inizia a squamarsi ma non so bene il perché. Sto pensando che il problema non sia la mancanza dell’acqua salata bensì la massa di gente che incontro mi sfiora ma non mi tocca.

Durante la conferenza dello scritore Peter Bichsel  mi sono imbarcamenata in personaggi stravaganti:

mi ero messa per l’occasione una gonna lunga che cammuffasse la mia pinna.

Davanti a me c’era seduta una signora che sembrava l’avessero pescata… in testa un cappellino a forma di rete nera e dei capelli rossi che segnalavano la sua presenza.

Tutta la sua acconciatura era meticolosamente calcolata nei dettagli: occhiali grandi con montatura nera, braccialetti ben vistosi. Giusto per l’occasione.

Bichsel ha evidenziato il fatto di sapere attendere, impresa assai ardua.. testimone ne è che uno spettatore seduto dietro di me ha tutto ad un tratto emulato uno sbuffo di balena, mi sono voltata…credevo che le balene esistessero solo nel mare…

Ho cercato di riprendere concentrazione, quando Bichsel ha fatto riferimento all’amore…bisogna amare e non vivere nel ricordo di aver amato…Ho guardato gli spettatori, tutti composti e rigidi sulle proprie sedie.

Ho pensato, chissà in questa sala quanti stanno amando,… oppure se si trovano qui per cercare un po’ di quel calore che una manifestazione può regalare. Una sorta di aggregazione che fa sentire gli uomini tutti uniti.

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Sirenetta aMAREggiata

Impugno solo ora quest’alga inzuppata d’inchiostro di seppia perché ero ad incantare qualche marinaio di passaggio con il mio canto soave.

Incredibile come la gente non si chieda, non si domanda ma semplicemente si fa abbindolare come bambini con un gelato in mano.

Inoltre credevo che gli unici esseri soli a questo mondo erano quei piccoli invertebrati che si muovono nel fondale marino. Invece di gente sola ne ho incontrata sul  mondo terreno quando ho abbandonato il mare per imbarcarmi in altri oceani.

L’altro giorno mi ero messa su di una sedia a rotelle con una coperta che mi ricopriva la pinna e così ho iniziato a vagare per la città.

Mi sono accomodata nella scatola che percorre i binari per lasciarmi trasportare come di solito faccio con le onde.

Ho sentito un uomo che parlava al telefono e diceva cose senza senso, io non capivo e non so chi ci fosse ad ascoltarlo. Forse nessuno ma io sì:

L’uomo diceva : I dottori mi hanno diagnosticato una rara malattia. Leggi il resto dell’articolo