Stefano

NOTTE

Luna e aspettando Godot

il sole splendente e pallido

meandri dove sibilla il re bambino a voce lontana

 

BAMBINO

Va e ride

dice alla mamma

sei così bella

che é impossibile conquistarti

PACE

NOTTE

Divertimento, sostanze,

pericolo, esaltazione,

consapevolezza,

esperienza,

anni,

tanti,con buoni maestri

incontri.

Ma-Nera

NOTTE

Dormire e star sveglia

e rassognare verità gioia speranza

Dio amore felicità amore paura

 

La notte é per sognare

vivo il sogno

e mi stacco dal corpo

vivo una parte di me

e volo per il mondo

sogno mio marito

ci siamo ritrovati felici

parlando dei nostri figli

e del loro futuro.

Un grazie speciale alla redazione Agorà dell’Ospedale Sociopsichiatrico di Mendrisio

All’alba di questo nuovo giorno un ringraziamento particolare va a:

La Foresta degli Gnomi Illuminati

Dietro a questo luogo magico si celano gli attivissimi scrittori della redazione Agorà dell’Ospedale Sociopsichiatrico di Mendrisio che hanno riempito il nostro viaggio attraverso la lunga notte di lucine e bagliori…

Arslan e Ben Jelloun: la notte è libertà

Instancabile, ho continuato a seguire gli eventi interessanti di questo weekend. Mi sono imbattuta in una conferenza di Antonia Arslan, una scrittrice le cui origini ci riportano in un paese che ci sembra lontanissimo, l’Armenia. Le storie che racconta sono influenzate ovviamente dalla storia del suo popolo, dallo sterminio, dalla violenza e dal dolore.

Una frase in particolare mi ha sorpresa più di tutto il suo discorso. Sin dal momento in cui ero entrata nella sala mi ero aspettata che Arslan avrebbe parlato della notte in senso negativo, come un momento di morte, tenebre, oscurità legata alla storia sanguinosa del suo paese. Invece la scrittrice ha catturato completamente la mia attenzione quando, cercando di ricollegarsi al tema “mai venga il mattino”, ha sostenuto “la notte nelle mie opere probabilmente rappresenta la fuga, una possibilità di libertà”.

Gli occhi che seguivano la penna e il blocchetto che tenevo in mano per prendere qualche appunto, in quel momento si alzarono, e fissai per qualche istante la scrittrice. Sorrisi. La notte come idea di libertà, ancora nessuno l’aveva presentata sotto questo punto di vista durante il weekend. L’oscurità è indubbiamente un’occasione per cercare una via di fuga e sperare nella possibilità di trovare la libertà. A sostenere quest’idea è stato anche Tahar Ben Jelloun nel pomeriggio del giorno dopo, raccontando vicende della primavera araba. Le tenebre offrono un aiuto a chi é in difficoltà, l’oscurità protegge e dà la possibilità di sopravvivere. È una visione alternativa della notte non più incarnata nel “male”, ma piuttosto in colei che può garantire la salvezza. Una mano tesa a chi cerca una via di fuga. “Notte garante della libertà” ecco un altro significato della mia città.

Il buio permette di perdersi, le tenebre ci nascondono da tutto il resto e per un attimo siamo solo noi e l’immensità del mondo ai nostri piedi. Possiamo scappare dovunque e vagare senza meta, perché la strada si perde nella notte, e noi con lei. È la garanzia della libertà per eccellenza: la possibilità di scegliere qualsiasi strada e seguire soltanto il proprio istinto e le proprie idee. La sicurezza di poter essere se stessi, con la propria personalità e le proprie convinzioni. Probabilmente solo la notte ha quest’enorme capacità, e solo nella notte possiamo davvero considerarci completamente liberi.

Epilogo

Alcune persone mi hanno detto che la valigia è riapparsa a Chiasso. Stamattina sono andato a cercarla. Dentro ho ritrovato tutto quello che ci avevo messo dentro. E questa lettera.

Caro Michel,

la valigia l’ho presa io. Ti ho visto per caso dormire su quella panchina, dopo tanti anni che avevo smesso di cercarti, e non ho potuto fare a meno di pensare a qualche forma di vendetta. Solo, non volevo svegliarti. D’altra parte anche tu, quando te ne sei andato da casa nostra, ti sei premurato di lasciarmi dormire.

Ho passato anni a chiedermi se avrei dovuto ringraziarti, per quell’ultima piccola attenzione. Oppure se al contrario è proprio per quella che avrei dovuto odiarti; per quell’ennesima occasione di prenderti le tue responsabilità che hai mancato.

Non ho mai trovato una risposta, a questa domanda. Forse l’hai trovata tu, adesso che io ho fatto lo stesso con la tua valigia. Mi rimproveravi spesso di trattare le cose, le piante, gli animali, come se fossero delle persone. Di dargli attenzioni inutili, di parlargli come se potessero sentirmi, capirmi. Ma altri trattano invece le persone come fossero valigie. Non so cosa è peggio.

Ad ogni modo le piante stanno bene. E i soprammobili ti salutano. Gli manchi. Ogni volta che esco di casa da sola. Ogni volta che da sola rientro.

Buona vita solitaria,

Catherine

Sboccia il giorno … appassisce la notte

 

Mai venga il mattino… eppure come un fiore che sboccia …  il giorno nasce piano piano allontando la notte: si sta ora appropriando del palcoscenico.
Il giorno é geloso dello spazio che chiasso letteraria ha dedicato alla notte.

Durante il viaggio notturno sono volata in un mondo costellato da personaggi che mi hanno dato la chiave per percorrere strade e spazi temporali lontani l’uno dall’altro.
Lo sbattere impalabile delle mie ali ha raggiunto il pensiero di Kafka: scrivere in fondo significa aprirsi a dismisura … é per questo che quando si scrive non si é mai abbastanza soli, quando si scrive non si ha mai abbastanza silenzio intorno, la notte é ancora tropo poco notte …
Volando in solitaria nella notte sono stata illuminata da colori ed immagini: ho visto una figura nera cosparsa di stelle luminose che saliva su un carro trainato da quattro cavalli … una folata di vento mi  ha poi risucchiata in un vortice che mi ha trasportata nelle notti Shakespeariane in cui ho assistito a intrecci amorosi … come dichiara Freud nelle tenebre si possono esibire pulsioni e desideri proibiti repressi.
Testimonianza ne è stata il racconto di Schnitzler: la notte come scenario della tentazione di infrangere il voto del matrimonio …
Non mi sono posata in questa dimensione notturna a lungonon volevo spiare situazioni scabrose così ho continuato il mio viaggio.
Ho volato in mondi ottenebrati da notti così diverse l’una dall’altra eppure il cielo era sempre lo stesso.
Ho scrutato scrivani che di notte in solitudine sono chini sui loro figli ad imprimere i più sconfinati pensieri, unico modo per raggiungere e toccare una realtà che solo un ambiente intimo può far emergere.
Perché parlare può essere un ostacolo:  perché non capiti,
perché non ascoltati,
perché la lingua ha un limite …
Invece un foglio può rappresentare un’ancora di salvezza,
la notte la luce dell’illuminazione,
la penna la chiave per aprire varchi nascosti …
Il fascio di luce delle stelle mi ha condotto a Barcellona: l’ho vista travestita di una sottoveste nera in cui si aggiravano un regista di teatro catalano Calixto Bieito ed uno scrittore francese: Michel Houellebecq.
Ero esausta … mi sono così abbandonata sulla spalla di Michel Houellebecq.
Riuscivo a scorgere gli occhi vigili e svegli del regista che con eleganza e gentilezza tentava di comunicare con lo scrittore.
Mi chiedevo come uno scrittore che regala al pubblico così tante parole sulla carta stampata … al momento di parlare si zittisse e si limitasse a fumare …
Mi voltavo verso di lui e scorgevo i suoi occhi tristi: potevo leggere la tristezza del mondo.
Per la maggior parte del tempo era silenzioso … eppure nella sua testa qualcosa doveva frullarli … all’atto dell’esprimersi prediligeva versarsi un buon bicchiere di vino oppure cercarsi una sigaretta quasi fosse linfa vitale …
L’unica cosa che con schiettezza e determinazione ha dichiarato è il fatto che lui è certo di due cose:
una è quella che è un bravo scrittore, se non il  migliore!
La seconda: che un giorno morirà.
E pensare che pochi minuti prima in automobile avevano appena finito di parlare dell’Ego … il problema dei nostri tempi è che l’ego ha raggiunto livelli ineccepibili … parole sante.
Come un eco l’ego mi rimbalzava nelle mie orecchie così sensibili a certi concetti.
Cercavo di non farmi assordare dall’eco dell’ego e decisi di rimanere sulla spalla di Michel: fino a raggiungere  l’inaugurazione di una mostra che per l’occasione era aperta al pubblico fino a tarda ora … ma la folla di gente mi disturbava perché affaccendata a bere e a parlare ad alta voce …

 

Desideravo qualcosa di più tranquillo e mi feci guidare dalla voce di un oratore che sentivo in lontananza … venni attirata come miele per le api facendo capolino in una tipografia in cui un giovane ragazzo governava la stanza dall’alto di un soppalco: Marko Miladinovic.
Le sue parole volano nell’aria e quasi mi scontravo con loro talmente scorrevano a fiumi come ruscelli abbondanti di termini e concetti che non possono essere incanalati bensì devono vibrarsi nell’aria liberi ..
Questa corrente inarrestabile di termini indecifrabili ma amabili mi spinse confusa ma gioiosa sul palmo della mano di Maurizio Maggiani.
In quel momento l’eco dell’ego si arrestò.
Ho sentito parole umili di un uomo che di notte dorme … quindi mi rilassai e mi lasciai cullare dal suo dire: ogni uomo è principe.
Ognuno di noi ha una propria storia che se non raccontata rischia di essere dimenticata se non addirittura mai conosciuta.
Quante persone muoiono all’oscuro da tutti e tutto.
Eppure basterebbe dare voce a quell’individuo: come per un tocco di una bacchetta magica quella persona assumerebbe forma e colore agli occhi degli altri.
Estasiata e tranquillizzata dal fatto che uno scrittore come Maurizio Maggiani riconosce che ognuno di noi è un principe decisi di abbandonare il suo palmo per vibrare nell’aria e cercare riparo in un luogo dove trovare quegli individui senza forma ne colore …

 

Sentivo che la notte stava per appassire e le mie ali si erano quasi esaurite della polverina che si era dispersa in volo.
Le ali sono ora immobili ed il giorno sta per sbocciare.
Per fortuna mi sono accucciata in un luogo scuro ove posso riposare e magari incontrare volti sconosciuti ma non privi di storia.
Attendo tranquilla lo sbocciare del giorno e l’appassire della notte.
Mai venga il mattino! Mi dico… cosa farò alla luce del sole?
Che ne sarà degli attraversamenti notturni?
Perché tutto deve finire?
Ma poi penso: se il giorno non esistesse anche la notte non farebbe parte di questo grande disegno … allora mi convinco che questo è solo l’inizio …
Buona notte a tutti voi, principi e principesse.
Buona notte alla settima edizione!
Perché prima o poi il BUON giorno arriverà …

 

 

 

 

 

notti di Culicchia

Culicchia per me è stato un amore giovanile. Lo leggiucchiavo al liceo, Tutti giù per terra, ho visto anche il film ma mi è piaciuto proprio poco. Mi ha colpito la scena di amore-sesso con la zingarella anche perché, ai tempi, non è che si fiondasse molto dalle mie parti. Poi di suo ho letto anche qualcos’altro, forse Liberi tutti, quasi ma magari mi sbaglio.  Sono andato a cercarlo come si fa con un ex-compagno del liceo o una ex-fiamma del liceo, con la stessa indole competitiva. Chi sarà invecchiato meglio? Chi avrà affrontato in maniera più efficiente questi ultimi dieci anni (e passa)? Chi si sarà logorato meno? Chi sarà cresciuto di più? Mentre guardavo Culicchia pensavo che un po’ ci è andata bene a entrambi, perché in questo caso il cannibale (ma nemmeno troppo, va là) ha lasciato spazio ad un signore platinato e distinto e quindi ero abbastanza soddisfatto. Tanto per me quanto per lui. C’era come una sorta di fraterna comunella (almeno da parte mia). Chissà se va anche lui in palestra.

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Hollande vince le elezioni

E chiassoletteraria finisce. Il nostro viaggio attraverso la notte e i sogni si conclude con questa vittoria, che piacerà ai più. Di sicuro ha rallegrato Tahar Ben Jelloun, ultimo conferenziere. La sala era gremita di gente. Ha parlato dell’incubo di una religione che invade spazi che non le competono cui la gente si attacca con violenza per la paura dell’Occidente, del nuovo. Ci vorranno nuove stagioni, nuovi incubi (speriamo di no) perché si sveglino dal sonno e optino per la democrazia.

Ci vediamo l’anno prossimo. Speriamo di sognare ancora un po’ o fare incubi che ci sveglino dalle tenebre e ci avvicinino alla luce, quella vera, evitando i fuochi fatui.

Il sogno di un sognatore

Maggiani è uno che sogna. E il suo sogno è indisturbato. Registra le cose altrui che si presentano come incubo e le incide sulla pagina, dicendo che quello è un dovere, un canto che chi è in grado deve fare all’Universo, per rendere giustizia a uomini straordinari che nulla hanno da invidiare a Ulisse, Achille, Elena.

Lui sogna e scrive. Crede nella possibilità di migliorare il mondo. Forse ci crede troppo. Pensa che l’orfanità sia una grande occasione, a qualunque età essa capiti.

Mette i brividi sentire certe cose. Eppure va così, il mondo. Dobbiamo accettare la nostra solitudine.

 

La non cultura di Torino (e del presente)

Culicchia ha parlato di chi, per evitare gli incubi, sogna cose di plastica. Succede a Torino, una città che apparentemente ha puntato sulla cultura ma invece fa dell’intrattenimento. Io, che conosco un po’ la città, ero d’accordo. E ho anche pensato. Diamine, di-vertirsi è l’esatto opposto di fare cultura. Perché la cultura ti porta al centro del tuo essere, non di-verte. Non sposta l’attenzione dalle cose vere, ma ti ci trascina dentro. Come la notte di cui parlava Augé. Una cultura che intrattiene è un ossimoro da cui fuggire a gambe levate. E’ divertirsi con la spocchia di essere colti. Una cosa terribile.

La cultura dovrebbe essere uno spazio sacro e silenzioso, un raccoglimento in cui si dà cibo all’anima.

Notte

I polmoni di notte si dilatano. Nelle tenebre vengono accolte anche delle piccole luci…

tra una parola e l’altra, respira, sempre.

Nello spazio di Chiassoletteraria la notte si è estesa espandendo la dimensione del tempo. Corolle di parole pulsanti hanno attraversato le vene dei 4000 visitatori…

inspira – espira

Parole colte, sciolte, stropicciate, incazzate, violente, meste, pulite e sporche. Parole, quelle della letteratura, che come un manto ricoprono i fatti della vita descrivendone le curve, sondandole, sudandole, accarezzandole, talvolta graffiandole…

parola – inspira – parola – espira – parola – inspira – parola – … e avanti così in un eterno dialogo tra la vita e il manto di lettere, che colui che scrive intesse colto dall’anelito di capire.

Marc Augé, Tahar Ben Jelloun, Qiu Xiaolong – hanno aperto brecce di riflessione in cui è apparso terso il significato di un percorso simile, indelebilmente marcato dalla passione viscerale per la verità. Marc Augé, ha dedicato una vita ad osservare e raccontare manifestazioni della natura umana, Tahar Ben Jelloun fa dell’essere fedele alla verità un principio cardinale, Qiu Xialong usa la finzione per smantellare segreti cinesi…

inspira – parola – espira…

Nella notte cupa e nera di una civiltà che si è persa ci sono parole ancora capaci di accendere: vivide palpitano, fremono, toccano, insistono, si battono, coraggiose, nell’intento di risvegliare le masse invischiate in un sonno cosmico.

Sveglia…

Sveglia!

Parole bisbigliate, urlate, talvolta… Il mondo ha fame di testi capaci di delineare il vero.

non bisogna temere la notte, poiché è necessario affrontare l’ombra per poter giungere ad un barlume di luce.respira.

Parole che ancora profumano di speranza, come quel fiore delicato che resiste al peggiore sisma. Quello stesso fiore  che, per questa sua qualità, ha dato il nome ad una pubblicazione del poeta haitiano James Noël: La fleur de Guernica

respira, sì, continua a respirare

Una ghirlanda di parole ci ricorda che la notte è fatta per rimetterci al nostro posto e a farci riscoprire l’umiltà. Sarà forse per questo che occultiamo la visione di galassie lontane coprendo i cieli con l’arancio-latte dell’inquinamento luminoso?

respirare: perché prima del verbo c’è la vita…

L’ occultamento dei cieli è uno dei prodotti del pianeta terra che si è ridotto ad essere, come ha detto Marc Augé, “un insieme produttivo che limita la propria visione”. Esiste un paradosso, ha aggiunto: “La notte, quando la vista è limitata, è il momento in cui ci vediamo più chiaro. Mentre il giorno siamo dei miopi chiusi nel nostro piccolo mondo, la notte vediamo la profondità dei cieli, universi composti da miliardi di galassie composte da miliardi di sistemi solari, e rammentiamo la piccolezza del nostro sapere…”

ricorda: riempi i polmoni e poi svuotali…

Stiamo attraversando una profonda notte e, perlopiù, pretendiamo non sia così… Transitiamo in enormi scatole, a mò di grandi magazzini, illuminate fino alla nausea da luci al neon e facciamo finta di niente. E intanto, là fuori, c’è puzza di marcio… Un puzzo che proviene dalla carcassa di una società ingiusta fatta di squilibri sociali, corruzione, pochi potenti contro tante vittime, insomma il solito discorso: sì. Ma è ora di spegnere quelle luci al neon, guardare davvero ed avere le palle di assumersi le proprie responsabilità. Questo ci ricordano le parole di uomini come Marc Augé, Tahar Ben Jelloun, Qiu Xiaolong…

inspira, espira, inspira e ascolta, torna ad ascoltare, sii ricettivo

Basta con l’occultamento del vero: è ora di ascoltare le parole più chiare, che come costellazioni vibrano di una luminescenza pura.

respirare, respirare, e ancora: ascoltare

È una notte densa, vischiosa, sanguinolenta; fatta dei vizi umani più meschini e spaventosi. È un labirinto da incubo, una catacomba popolata dalle derive umane più mostruose: neo-maoismo e fondamentalismo islamico, perbenismo e ipocrisia, consumismo e avidità – ignoranza, repressione, regressione, follia,…

inspira – risveglia la consapevolezza – espira – …

Illuminando queste verità nere pece con le parole si accende la speranza di un risveglio:

Sveglia

Sveglia

Sveglia

La notte nelle nostre identità e nelle nostre storie

Ho continuato a seguire queste conferenze, e mi sono imbattuta nell’intervista di Marcello Fois ieri. Ci ho riflettuto parecchio. “Sono politicamente contrario alla retorica dell’identità, è una cosa di cui non si deve parlare ma che deve apparire da come parli, da come ti comporti, da come mangi, …” ha sostenuto l’autore.

Ha parlato anche di come nome e cognome ci identifichino, perché sono il primo racconto su di noi che offriamo a chi conosciamo; racchiudono la nostra individualità, rivelando parte della nostra storia. Tuttavia la nostra effettiva identità non deve essere apertamente dichiarata, ma deve manifestarsi nei nostri modi di fare. E che cos’è la notte, se non un momento d’intimità, in cui lentamente sveliamo la nostra reale identità? Per questo ritengo che avvicinare le idee di Fois alla notte sia molto interessante. Nome e cognome forniscono a chi incontriamo qualche indizio sulla nostra storia, ma per rivelare la nostra vera identità è necessario vivere dei momenti che potrebbero essere definiti “notturni”, attimi in cui si esterna la propria interiorità. Leggi il resto dell’articolo

notti cinesi

Ieri poi sono andato a sentire Qui Xialong allo Spazio Officina. Fuori pioveva che Dio la mandava e anche due ombrelli per due persone pareva poco. Poi ha pure iniziato a grandinare. Io guardavo fuori, attraverso gli archi del tergicristallo e mi veniva da dire, “beh?” e forse l’ho anche detto. Davanti allo Spazio Officina, che non ero sicuro che fosse quello devo essere sincero, c’era la classica folla di incerti fra uno spazio coperto e uno torrenziale come era quello di fuori. Io volevo entrare e mi sembrava che dovessi spintonare come quando sei in giro a Bologna, tipo in Via Indipendenza di sabato ma invece no. Si vede che anche qui hanno quella roba che hanno i milanesi e che mi piace molto. Da una parte sfollavano quelli che prima si erano fatti magistralizzare da Augé e dall’altra quelli che non avevano voglia di pigliarsi una slavazzata, quelli per lo scrittore cinese ancora indugiavano un po’ perché in effetti ero arrivato un po’ prima.

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Tahar Ben Jelloun

Oggi parlerà anche Tahar Ben Jelloun. Autore del bestseller “Il razzismo spiegato a mia figlia”. L’ho contattato telefonicamente. In questo nuovo romanzo parla di Mohamed, il ragazzo che si è dato fuoco dando il via alla primavera araba.
Mi dice che quei ragazzi sono diversi dai nostri sessantottini, perché quelli combattevano per liberarsi da una dittatura feroce. Leggendo le pagine del suo romanzo, mi rendo conto che quello è davvero l’incubo più grosso di tutti. Ragazzi laureati costretti a fare i fruttivendoli e impossibilitati dalla polizia a piazzare il carretto con la frutta, mentre a casa magari hai una famiglia che muore di fame. Uno in un attimo di rabbia si piazza davanti al palazzo del governatore e si dà fuoco. E’ così ovvio. Uno spera che al di là della realtà ci aspetti un sogno di pace e silenzio, la dignità che in vita non si è potuta avere.